Patologie e loro trattamento

Di seguito vengono trattate le principali patologie proctologiche e gastroenterologiche con la relativa diagnosi e terapia.

EMORROIDI

COMPLICANZE

DELLE EMORROIDI

RAGADI ANALI

  • DESCRIZIONE

    Le emorroidi sono formazioni anatomiche normali del canale anale di natura vascolare, più arteriosa che venosa, esistenti già alla nascita. Risiedono nella sottomucosa del canale anale e hanno un apparato di sostegno muscolo legamentoso (i cosiddetti “cuscinetti”) che gioca un ruolo importante permettendo di adattarsi alle dimensioni variabili del canale anale e di assicurare la completa chiusura del lume anale. Quando questo apparato di sostegno diviene deficitario (per fattori predisponenti – ereditario, familiare, costituzionale – e/o scatenanti – turbe dell’alvo, stipsi, ma anche diarrea, e momenti della vita genitale femminile: fase premestruale, gravidanza e parto) si determina un prolasso,  cioè uno scivolamento della mucosa e quindi si sviluppa la cosiddetta “malattia emorroidaria”.

    Classificazione

    In base ai differenti stadi evolutivi del prolasso, le emorroidi si classificano in 4 stadi. Da notare però che non c’è alcuna correlazione anatomica: grosse emorroidi possono essere perfettamente tollerate, mentre emorroidi discrete o un ano appena congesto possono essere all’origine di emorragie e di una situazione per nulla confortevole.

    I° grado: ectasie vascolari del canale anale (le vene si presentano semplicemente dilatate sotto sforzo).

    II° grado: esteriorizzazione delle emorroidi (prolasso emorroidario) sotto sforzo con la defecazione, ma riducibili spontaneamente.

    III° grado: prolasso emorroidario sotto sforzo  riducibile soltanto manualmente.

    IV° grado: prolasso emorroidario non più riducibile e permanentemente esteriorizzato.

  • SINTOMI PRINCIPALI

    Sanguinamento: sangue rosso, generalmente di media quantità (a volte sulla carta igienica, altre volte a "spruzzo")che si ripete e che compare sovente al termine della defecazione; ma non c’è nulla che permetta di abbinarlo esclusivamente alle emorroidi. La cosa essenziale di questo sintomo principale è la sua comparsa in sé, che allarma il malato e lo spinge dal medico.

    Dolore: in genere assente; se presente legato ad uno stato infiammatorio associato.

    Tumefazione: percepita dal malato all’esterno dell’ano; se transitoria, e pertanto riducibile o spontaneamente o manualmente, è un elemento a favore delle emorroidi.

    Perdite di muco: in tutti i pazienti con emorroidi prolassate, ma è più grave nei casi di IV° grado; l’iperproduzione di muco può essere causata dall’irritazione sulla mucosa esposta e la perdita alla difettosa continenza.

    Prurito: dovuto all’umidità creata dalla secrezione di muco.

  • DIAGNOSI

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  • TERAPIA

    Medica

    Regole igienico-dietetiche:

    Correggere la stitichezza , spesso presente; ricorrere ad una dieta ricca di fibre, preparazioni a base di crusca, bere molta acqua, evitare purganti e, a volte, specialmente nelle stipsi con facile sanguinamento rettale, perette d’acqua da preferire alle supposte di glicerina. D’altra parte non si può trascurare il ruolo della diarrea, che giustifica un trattamento mirato, tenendo conto delle modificazioni del pH fecale.

    Assicurare un’igiene alimentare, riducendo le spezie, le bevande alcoliche e le sostanze eccitanti.

    Assicurare un’igiene locale, senza eccessi, ma con sistematicità, una, due volte al giorno con saponi neutri. Non usare acqua fredda ma tiepido-calda.

    Combattere la sedentarietà. Non ci si pensa mai abbastanza. Si debbono caldamente raccomandare la ginnastica e lo sport, in particolare il nuoto.

    Si sconsigliano, durante la crisi, certe attività, come il ciclismo, il motociclismo e l’equitazione.

    Farmaci:

    Per quanto corcerne i presidi farmacologici si consiglia di utilizzare localmente le pomate disponibili in commercio (per lo più a base di anestetici e cortisone) solo per brevi periodi e alla luce di una sicura diagnosi. La terapia antiedemigena e fleboprotettiva per bocca o intramuscolare ha indicazione solo nel trattamento delle complicanze acute della malattia emorroidaria e non come cura cronica o come prevenzione di nuovi episodi.

    Da notare che il trattamento medico è sempre giustificato allorquando esiste un’azione duratura e rapida sulle crisi emorroidarie discontinue e poco frequenti. Non bisogna però persistere in questa scelta terapeutica, se i risultati non sono sufficientemente efficaci, ma ricorrere ad altri metodi, strumentali in ambulatorio o chirurgici.

    Trattamento ambulatoriale

    Legatura elastica:

    con un anoscopio, senza necessità di anestesia, si pone alla base dell’emorroide un anello di caucciù che strozza il gozzo emorroidario e si lascia in sede; questo determina successivamente un’ischemia, lo sfacelo e la caduta dell’emorroide stessa, nel giro di alcuni giorni. Tuttavia lo scopo della tecnica non è quello di realizzare un’exeresi emorroidaria, ma una vera e propria sclerosi che fissa la mucosa allo sfintere interno. Le indicazioni sono le emorroidi di II° grado. Esiste un minimo rischio di emorragie o di infezione.

    Scleroterapia:

    non necessita di anestesia, né di premedicazione, né di preparazione speciale: si tratta di iniettare una sostanza sclerosante nella sottomucosa nella porzione prossimale del gozzo emorroidario. Lo scopo della terapia è duplice: fermare il sanguinamento (infatti la maggiore indicazione è il sanguinamento emorroidario-i risultati sono spesso spettacolari già a partire dalla prima o seconda iniezione-) e densificare il tessuto sottomucoso attraverso l’iniezione sclerosante, in modo da fissare la mucosa anale allo sfintere interno e porre rimedio al rilassamento dell’apparato muscolo legamentoso di sospensione , cioè al prolasso dei cuscinetti e delle emorroidi. Le indicazioni sono le emorroidi di I° e di II° grado soprattutto se sanguinanti o se provocano prurito per la secrezione sierosa e, occasionalmente, le emorroidi di III° grado a scopo sintomatico per tentare di ridurre il sanguinamento. La terapia sclerosante può essere effettuata anche a complemento della legatura elastica.

    Crioterapia e Fotocoagulazione:

     sono d’accordo con la letteratura che boccia la crioterapia (categoricamente) e la fotocoagulazione (per scarsa efficacia).

    Trattamento chirurgico

    Esistono 2 tecniche fondamentali (a cui mi attengo):

    per le emorroidi di IV° grado: emorroidectomia o con tecnica aperta da preferire (emorroidectomia sec.Milligan-Morgan) o con tecnica chiusa (emorroidectomia sec. Ferguson);

    per le emorroidi di III° grado (ma non di
    IV°): prolassectomia sec. Longo.

    Emorroidectomia sec. Milligan Morgan

    Il principio basilare consiste nel diminuire l’apporto arterioso a livello emorroidario: comporta la    resezione dei 3 pacchetti emorroidari (notoriamente ad ore3,7,11 dell’ano) centrati sui 3 peduncoli arteriosi dissecati molto in alto e la dissezione completa della porzione cutanea dell’emorroide. Si tratta di un intervento perfettamente codificato, che in mani esperte, è del tutto rassicurante. Rispetta l’architettura normale del canale anale, la sensibilità, la permeabilità.

    Prolassectomia sec. Longo

    Un dato anatomico importante è che le emorroidi non prolassano attraverso l’ano se non prolassa contemporaneamente la mucosa rettale. Pertanto l’asportazione della mucosa rettale prolassata compresa tra ampolla rettale distale e canale anale prossimale consente al tessuto emorroidario di ritornare nella sua sede anatomica e di esplicare la sua azione. La critica che posso asserire a questo tipo di intervento è che spesso si abusa di esso anche per emorroidi che potrebbero essere trattate ambulatorialmente, considerando poi  che, in mani non esperte, si possono creare degli “inconvenienti”.

  • TROMBOSI EMORROIDARIA ESTERNA

    Può verificarsi anche in assenza di emorroidi visibili clinicamente. Insorge generalmente dopo un eccesso alimentare, dopo un lungo periodo in posizione seduta, dopo uno sforzo di defecazione particolarmente violento o senza una causa apparente. Improvvisamente compare, nel margine anale, una tumefazione bluastra di 1-3cm di diametro, tesa, spesso estremamente dolente. Questa situazione viene generalmente attribuita ad una trombosi del sangue in una vena del plesso emorroidario sottocutaneo o esterno , o alla rottura di una vena durante la defecazione con stravaso di sangue nel tessuto sottocutaneo dove coagula e provoca la tumefazione dolente. L’asportazione chirurgica del trombo porta ad un beneficio immediato. L’intervento viene eseguito in ambulatorio, in anestesia locale, preferibilmente i primi giorni della comparsa. Non trattata, la trombosi evolve in qualche settimana verso l’organizzazione del trombo che si retrae e si riassorbe residuandone una marisca.

  • TROMBOSI EMORROIDARIA ESTERNA EDEMATOSA (0 TRONBOFLEBITE EMORROIDARIA)

    In questo caso la tumefazione trombotica è più voluminosa, edematosa, può presentare trombi multipli di varie dimensioni immersi in un tessuto disteso ed edematoso. L’evoluzione è più lunga che nel caso precedente, non vi è indicazione ad una asportazione del trombo ma solo un trattamento medico con antalgici e antiinfiammmatori locali e sistemici. Certe trombosi emorroidarie esterne con reazione edematosa molto dolente possono beneficiare di un’inezione, praticata in più punti nell’edema stesso, di un’associazione di anestetico locale e jaluronidasi. Si può assistere a un immediato sollievo, mentre l’edema si sgonfia come una membrana elastica.

  • TROMBOSI EMORROIDARIA INTERNA

    E’ una complicanza molto meno frequente della trombosi esterna. Si ha una piccola tumefazione rotonda, azzurrognola, particolarmente sensibile o dolente con sensazione di corpo estraneo intraanale. L’esplorazione rettale, non sempre agevole, dimostra generalmente un ipertono anale e la presenza di una zona più dura e non comprimibile rispetto al resto del canale anale. L’anoscopia mette in evidenza una tumefazione bluastra che protrude nel lume, eventualmente in mezzo ai gavoccioli emorroidari, a cavallo o al di sopra della linea pettinea. La sintomatologia dolorosa dura qualche giorno o al massimo un paio di settimane e si risolve poi progressivamente. L’exeresi chirurgica risolve il quadro sintomatologico: attraverso l’anoscopio e senza anestesia si esegue un’incisione con la punta di un bisturi in modo da permettere l’enucleazione del trombo.

  • TROMBOSI DEL PROLASSO

    E’ quasi sempre una complicanza a carico dei grossi gavoccioli di II, III o IV grado che restano bloccati all’esterno dello sfintere mentre sono prolassati. Ne deriva congestione e trombosi così che i gavoccioli diventano voluminosi, dolorosi ed irriducibili. Contemporaneamente si forma un notevole edema nella cute perianale e nel sottocutaneo circostante. Il prolasso emorroidario può essere di vario grado in relazione al coinvolgimento di uno solo o più gavoccioli o di tutta la circonferenza emorroidaria. La trombosi del prolasso, parziale o totale che sia, realizza quello che viene definito “strangolamento emorroidario”. Perifericamente la cute è edematosa, pallida con una zona centrale rossastra, estremamente dolorosa con aree scure che indicano l’inizio della necrosi. Le zone edematose sono molli ed alternate ad aree più dure contenenti trombi. L’esplorazione digitale è estremamente dolorosa e l’anoscopia è generalmente impossibile. Il processo evolve spontaneamente verso la risoluzione e, sebbene le forme diffuse possano immobilizzare un paziente anche per 2-3 settimane, in effetti dopo i primi giorni l’edema si riduce e le emorroidi prolassate rientrano nel canale anale. Vi sono casi in cui l’edema conduce a necrosi e ad ulcerazione di uno o più gavoccioli. La porzione devitalizzata gradualmente si stacca, lasciando un’ulcera che poi si riepitelizza. La terapia è medica; se la sindrome dolorosa risulta intollerabile si può effettuare in prima istanza intervento chirurgico.

  • DESCRIZIONE

    La ragade anale è un’ulcera (una ferita) del canale anale distale (zona sensibile)che ha una considerevole difficoltà a guarire spontaneamente. E’ una delle cause più frequenti di sanguinamento e dolore anale. Si localizza soprattutto nella parte centrale della parete posteriore dell’ano. Come si forma non è ancora chiaro ma tutti gli autori considerano come ruolo preponderante lo spasmo del muscolo sfintere anale interno, se non nello scatenamento, almeno nel mantenimento della ragade.

  • SINTOMI PRINCIPALI

    Dolore: è il sintomo più importante e inizia con la defecazione; ha la caratteristica di essere un dolore in 3 tempi: acuto, tagliente o puntorio o lacerante durante il passaggio delle feci, quindi si calma per qualche minuto (intervallo libero) e poi riprende più o meno intenso per un tempo a volte lungo di ore.

    Sangue nelle feci (striatura di sangue rosso vivo) sovente poco abbondante.

    Sensazione di ano stretto.

    Prurito a volte.

     

  • DIAGNOSI

    La sintomatologia tipica del dolore (in 3 tempi)permette facilmente la diagnosi. L’esplorazione rettale e l’anoscopia la confermano. Da notare comunque che l’esplorazione rettale e soprattutto l’anoscopia non sempre sono agevoli per lo spasmo dello sfintere che può rendere necessaria un’anestesia locale.

  • TERAPIA

    La ragade superficiale con una breve storia di dolore può guarire spontaneamente. Tuttavia facilmente cronicizza e sebbene si possa avere un miglioramento o anche la scomparsa dei sintomi, questi tendono poi a ripresentarsi. Solo l’interruzione dello spasmo del muscolo sfintere consente la guarigione.

    Medica (quanto prima, se effettuata presto può evitare l’intervento chirurgico).

    Correzione della stitichezza (bere molti liquidi e dieta ricca di scorie evitando lassativi per lungo tempo per non incorrere nel rischio di una stenosi anale).

    Pomate locali in forma di anestetici locali (evitare pomate con cortisone che favoriscono la formazione di tessuto di granulazione).

    Semicupi caldi che hanno lo scopo di ridurre lo spasmo sfinteriale.

    Alcuni proctologi usano i cosiddetti “dilatatori anali” che sono dei tubi di plastica di differente diametro che introdotti nell’ano determinano un rilasciamento della muscolatura sfinterica con conseguente riduzione dello spasmo e quindi del dolore.

    Chirurgica (se la terapia medica fallisce occorre chirurgicamente ridurre lo spasmo del muscolo sfintere).

    Sfinterotomia interna (quindi sezione del m. sfintere interno effettuata nel canale anale in sede laterale sinistra). Se la ragade è infetta si agisce direttamente su di essa con sfinterotomia posteriore.

    Da ricordare che la ragade si può infettare e successivamente formare una fistola in genere superficiale. La ragade dell’età infantile generalmente non si accompagna a contrazione muscolare. Perlopiù guarisce con la regolazione dell’alvo.

ASCESSI E FISTOLE ANALI

CISTI (E FISTOLA) PILONIDALE

CONDILOMI ANALI

  • DESCRIZIONE

    Nella parte centrale del canale anale sboccano le ghiandole anali che per qualche motivo, non sappiamo la giusta causa, si infettano formando così un ascesso anale. L’infezione tende ad aumentare di volume (tra i muscoli che circondano l’ano ) fino ad arrivare alla cute intorno all’ano dove può creare una soluzione di continuo, cioè un orifizio, da dove esce il pus; a questo punto si è formata una fistola cioè un tunnel che mette in comunicazione la cute intorno all’ano (cute perianale) con l’interno del canale anale da dove è iniziata l’infezione. Quindi la fistola anale è una conseguenza di un ascesso anale dovuto ad una infezione di una ghiandola anale.

  • SINTOMI PRINCIPALI

    In caso di ascesso il paziente avverte un dolore (non in relazione alla defecazione) che aumenta gradatamente. Nel giro di ore o di giorni si forma, vicino all’ano, una zona arrossata, dura e molto dolente che può essere accompagnata da uno stato febbrile o subfebbrile.Quando si crea la fistola ( cioè quando l’ascesso ha determinato una comunicazione con la cute perianale, e quindi si è verificata la fuoriuscita di una parte del pus), il paziente sta meglio, avverte meno dolore, nota secrezione di pus dall’orifizio cutaneo perianale, ha prurito per l’irritazione provocata dal pus.

  • DIAGNOSI

    Una visita proctologica ben condotta di regola è sufficiente a diagnosticare la presenza di un ascesso o di una fistola perianale. Data la sintomatologia dolorosa dell’ascesso anale è importante escludere altre patologie dolorose dell’ano: ragade anale, trombosi emorroidaria interna ed esterna.

  • TERAPIA

    In caso di ascesso la terapia è chirugica e deve essere effettuata quanto prima in modo che il materiale purulento non si espanda sempre più, creando maggiori problemi di intervento chirurgico. Quindi gli ascessi dell’ano rappresentano una urgenza chirurgica. Gli antibiotici non sono mai in grado di far evitare l’intervento al paziente. Non soltanto la terapia antibiotica non è sufficiente per la guarigione, ma può trasformare, soprattutto se ripetuta arbitrariamente, una suppurazione acuta in un’infezione lenta con sclerosi che complica considerevolmente la cura chirurgica. In caso di ascesso anale la terapia è l’incisione, ampia e corretta, dell’ascesso con conseguente drenaggio di tutto il materiale infetto (pus). Dal momento che l’obbiettivo per la guarigione deve essere sempre quello di trovare e trattare l’orifizio interno (cioè il punto dove sbocca la ghiandola responsabile dell’infezione), durante il drenaggio si può cercare e, se vi sono le condizioni, intervenire su di esso.

    In caso di fistola anale il trattamento chirurgico differisce a seconda della localizzazione del tragitto dell’infezione che può essere più o meno alto, interessando quindi più o meno tessuto muscolare (i muscoli sfinterici che circondano l’ano e che sono responsabili della continenza alle feci e ai gas). Il fine dell’intervento è asportare il tragitto fistoloso (che attraversa i muscoli dell’ano) rispettando contemporaneamente la funzione della muscolatura dell’ano e la struttura anatomica del canale anale. In altre parole se non è coinvolta molta muscolatura l’intervento è relativamente semplice e richiede l’asportazione di una piccola parte di muscolatura; se invece viene coinvolta una porzione maggiore l’intervento diviene più complesso e richiede esperienza. L’obbiettivo deve essere comunque quello di trattare l’orifizio interno.

    La brutta fama di un alto numero di recidive dopo trattamento delle fistole è dovuta alla scarsa conoscenza della patologia. Il trattamento può essere effettuato, a seconda del tragitto più o meno complicato della fistola, in un unico intervento oppure può necessitare un secondo intervento chirurgico dopo applicazione di un setone da tenere per circa 2 mesi. Da segnalare, come complicanza del trattamento delle fistole anali, una percentuale non indifferente di problemi di incontinenza anale, soprattutto se il problema viene trascurato in fase di impostazione della strategia terapeutica o in caso di “leggerezza” decisionale.

  • DESCRIZIONE

    La cisti pilonidale (chiamata anche cisti sacro coccigea) è una infezione che si verifica nella regione del sacro ed è dovuta alla penetrazione dei peli nel tessuto celluloso sottocutaneo. Più frequente nell’uomo che nella donna, soprattutto nei soggetti con apparato pilifero sviluppato, insorge nei giovani, con un’età media di 30anni. Considerata per lungo tempo un’affezione congenita, attualmente pare che la cisti pilonidale sia,nella stragrande maggioranza dei casi, un’affezione acquisita, la quale si sviluppa perlopiù, ma non esclusivamente,  nei soggetti con peli ed è favorita dalla posizione seduta mantenuta per lungo tempo, in particolare durante la guida automobilistica. Il meccanismo di formazione sarebbe il seguente: i peli (o i capelli) spontaneamente spezzati, hanno tendenza a raccogliersi in cima al solco intergluteo. Il pelo penetra nella cute con la punta e, con l’aiuto dei suoi agganci laterali a spiga, cammina fino a penetrare completamente nel tessuto celluloso sottocutaneo. A questo punto si  forma una reazione infiammatoria intorno al pelo con la formazione di una cavità pseudo cistica che può infettarsi e creare così un ascesso con conseguente interessamento della cute dove può fistolizzarsi, cioè creare sulla pelle un orifizio cutaneo da dove fuoriesce materiale purulento.

  • SINTOMI PRINCIPALI

    Raramente il soggetto si rivolge al medico se vi è assenza di infezione. La malattia si può manifestare in modo acuto, come un ascesso, quindi con dolore in sede sacrale, nel solco intergluteo e cute arrossata e intensamente dolorabile. Tale ascesso eccezionalmente può regredire spontaneamente. Perlopiù si apre a livello cutaneo, con fuoriuscita di pus e relativa scomparsa dei fenomeni di infiammazione acuta. Tali manifestazioni tendono a  ripetesi  nel tempo e nella linea interglutea  possono comparire  più  orifizi cutanei.

  • DIAGNOSI

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  • TERAPIA

    Solo chirugica: asportazione del tessuto malato con chiusura immediata della ferita o exeresi senza chiusura, lasciando cioè aperta la ferita (in questo caso occorrono almeno 2 mesi di tempo per la completa cicatrizzazione della ferita).

  • DESCRIZIONE

    I condilomi sono piccoli tumori benigni che sorgono sulla cute e sulle mucose dei genitali e nella regione ano perineale. Sono di origine virale e il contagio avviene abitualmente attraverso il rapporto sessuale anche se non sempre. L’aspetto macroscopico è  variabile: escrescenze granuleggianti, sovente con creste dentellate (da qui il nome popolare di cresta di gallo), friabili, rosee o grigiastre o biancastre, raggruppate in disseminazioni quasi invisibili o in fitti ammassi, che formano talora un vero e proprio cavolfiore che circonda completamente il margine perianale. Talora gli elementi condilomatosi non sono più grossi di una capocchia di spillo e possono risiedere a livello delle cripte della linea pettinea che essi non oltrepassano mai a monte.

  • SINTOMI PRINCIPALI

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  • DIAGNOSI

    La diagnosi è perlopiù evidente e si basa sull’aspetto macroscopico; la biopsia ci da la certezza. Nell’uomo oltre alla regione anale da visualizzare il glande, il prepuzio e l’uretra distale, nella compagna una valutazione ginecologica con colposcopia. Il decorso è lento e la durata è indefinita se non si interviene.

  • TERAPIA

    La sola terapia valida è quella chirurgica, mentre i trattamenti chimici, specialmente con podofillina, sono insufficienti e sono aggressivi per la mucosa. Si può intervenire in anestesia locale, ma quando le lesioni sono molto estese o intracanalari è preferibile l’anestesia generale o peridurale. La tecnica deve essere meticolosa: comporta la resezione con forbici o con l’elettrobisturi, indi un raschiamento con il cucchiaio alla base di ogni elemento. La loro aderenza a emorroidi o a una ragade talora può giustificare l’asportazione del gozzo emorroidario o l’asportazione della ragade. Nonostante una tecnica di esecuzione perfetta, è bene avvertire il paziente della frequenza delle recidive o delle microrecidive, legata anche alla durata dell’incubazione, che può essere di parecchi mesi. Ciò per far meglio comprendere al paziente l’assoluta necessità di un regolare controllo le settimane e i mesi successivi.

DIVERTICOLI DEL COLON

COLITE ULCEROSA

MORBO DI CROHN

  • DESCRIZIONE

    I diverticoli sono delle estroflessioni della mucosa e della sottomucosa attraverso punti di minore resistenza della parete del colon. E’ una patologia frequente se si pensa che più del 50% delle persone al di sopra dei 70 anni è interessata. La sede è soprattutto il sigma (95%); tale sede preferenziale è legata al diametro più ristretto di questo tratto e quindi all’aumento relativo delle pressioni intraluminali. Sembra dimostrato che una dieta povera di scorie indigeribili sottopone il colon a sforzi più intensi e prolungati, che col tempo possono favorire l’insorgenza della malattia diverticolare. D’altra parte i pazienti affetti da “colite irritativa”, data l’ipermotilità del colon e quindi l’aumento della pressione all’interno del lume colico, vanno incontro più frequentemente a tale patologia.

  • SINTOMI PRINCIPALI

    Molti soggetti rimangono asintomatici per tutta la vita; i diverticoli sono riconosciuti occasionalmente nel corso di un esame endoscopico e/o radiologico effettuato per altri motivi. Quando la malattia diverticolare diviene sintomatica essa non è necessariamente complicata: il dolore spontaneo nel quadrante inferiore sinistro dell’addome (si ricordi che la sede più frequente è il sigma), le turbe dell’alvo, la dolorabilità locale anche vivave possono essere sostenuti da alterazioni ancora funzionali che, come tali, richiedono solo terapia medica (nei 2/3 dei casi con ottimi risultati). I diverticoli però possono andare incontro a complicazioni: diverticolite, emorragia diverticolare.

    Diverticolite

    La flogosi diverticolare può insorgere nel corso di una diverticolopatia cronica (quindi  frequenti dolori di tipo colico talora intensi) o, improvvisamente, in un paziente del tutto asintomatico. Si verifica nel 15-25% dei pazienti con diverticoli. Più spesso si ha una flogosi nei tessuti a contatto col diverticolo (peridiverticolite), che si estende ai tessuti e agli organi circostanti, con pericolite ed eventuale formazione  di ascesso che può rompersi in peritoneo. Possono aversi ostruzioni intestinali, compressioni dell’uretere, fistole con la vescica, la vagina,con anse ileali o con l’esterno. Le complicanze sono quasi sempre a carico del sigma. La diagnosi non può basarsi sull’anamnesi, in quanto spesso questi pazienti erano asintomatici. Caratteristico è il quadro di una “appendicite acuta sinistra” con contrattura della parete addominale, massa palpabile, febbre, leucocitosi, nausea , vomito, diarrea o stipsi, tutti segni di una peritonite locale o diffusa.

    Emorragia

    Non è una complicanza rara; si verifica nel 5% dei casi e può insorgere anche in un diverticolo non complicato. E’ una emorragia abbondante, di difficile diagnosi,  che deve essere esclusa da altre possibili cause: polipi, carcinomi, angiodisplasie. Sorprendentemente nella maggior parte  dei casi l’andamento clinico del sanguinamento da  diverticoli, sebbene abbondante, è benigno.

  • DIAGNOSI

    Può essere del tutto occasionale durante una colonscopia o un clisma opaco a doppio contrasto. Tali esami sono controindicati in caso di diverticolite acuta. In tale situazione ci aiuta l’anamnesi (quando presente) e l’esame obiettivo: la palpazione dell’addome può risvegliare dolorabilità e una reazione di difesa localizzata nelle forme più gravi. Di aiuto sono l’ecografia addominale, la TAC e la RMN.

  • TERAPIA

    La presenza di diverticoli del colon  non è sinonimo di intervento chirurgico, anzi, in linea di massima, per tale condizione non deve essere posta indicazione all’intervento. Le decisioni terapeutiche devono basarsi sullo stadio della malattia. Comunque, a meno che il quadro non sia eclatante, è consigliabile, almeno inizialmente, un’attitudine conservativa.

    Diverticolosi

    in passato, di fronte a pazienti affetti da malattia diverticolare, si tendeva  a prescrivere una dieta a basso contenuto di scorie. In realtà non vi sono elementi sperimentali o teorici per consigliare questo tipo di dieta, anzi si tende ad incrementare i residui indigeribili per aumentare la massa fecale, sperando così di prevenire un’eccessiva segmentazione del colon. Quindi fibre vegetali e la forma di fibra vegetale meno costosa, ben conservabile e ampiamente raccomandata è la crusca che, con la sua capacità di mantenere acqua, è la sostanza più efficace per aumentare il peso e il volume fecale. Carote, mele, arancie sono considerate particolarmente adatte ad assorbire l’acqua, e anche nelle insalate verdi il contenuto idrico è già di per se elevato. Tra i farmaci possiamo ricordare gli antispastici intestinali per ridurre i dolori addominali e gli antibiotici ad azione locale per la prevenzione delle complicanze.

    Diverticolite

    nella forma non complicata : necessario  mantenere “a riposo” l’intestino preferibilmente con paziente ricoverato, applicazione di liquidi per via endovenosa e terapia antibiotica a largo spettro;

    nella forma complicata per l’evoluzione del quadro flogistico: intervento chirurgico.

     

  • DESCRIZIONE

    Malattia infiammatoria cronica, da cause non ancora conosciute, che coinvolge esclusivamente il grosso intestino, dal retto fino alla regione cecale, e caratterizzata da un interessamento della mucosa e della sottomucosa con conseguente fenomeni ulcerativi e emorragici. L’incidenza, più frequente nei paesi occidentali, è, in Italia, di 6-10:100.000 abitanti. Tutte le età possono essere interessate ma soprattutto i 20-30 anni. Le donne sono più colpite. L’incidenza familiare è superiore a quello che ci si potrebbe aspettare in base ad un rapporto di pura casualità; ciò non è però particolarmente significativo e può essere dovuto a fattori ambientali piuttosto che ereditari, e pertanto non si ritiene che ci possa essere una vera e propria predisposizione familiare. La sede di interessamento della malattia è il retto e dal retto la malattia si può estendere, per continuità, a tutto il colon. Esistono, raramente, delle forme segmentarie, segmenti malati intervallati da tratti sani.

  • SINTOMI PRINCIPALI

    Varia, classicamente possiamo distinguere tre forme cliniche:

    acuta con inizio improvviso, con un grado di sintomi più o meno gravi, a volte fulminante, particolarmente grave in quest’ultimo caso;

    cronica intermittente , la forma più frequente, con inizio subdolo ma con sintomi che tendono a ripresentarsi dopo un periodo asintomatico e le fasi di riacutizzazione sono per lo più imprevedibili (stress emotivi, affaticamento fisico, infezioni respiratorie, disordini alimentari, gravidanze);

    cronica remittente o continua, con una sintomatologia di base sempre presente (i sintomi sono in genere di gravità modesta ma senza tendenza a scomparire).

    Diarrea  3-4 ma, a volte, nelle forme gravi anche 15-20 scariche al giorno caratterizzate dalla presenza di sangue, quasi sempre misto a muco e a volte a pus; frequentemente l’emissione di sangue e muco è indipendente dall’evacuazione di feci.

    Dolori addominali crampiformi, accessionali in corrispondenza delle scariche diarroiche, stanno ad indicare l’aumento della peristalsi.

    Tenesmo rettale, uno stimolo di evacuare senza emissione di feci ma solo di sangue e muco; si verifica quando l’infiammazione  interessa l’ampolla rettale da dove partono gli stimoli della defecazione.

    Meteorismo, per alterazioni della flora batterica, può determinare un dolore addominale continuo di fondo.

    A questa sintomatologia più o meno grave, dovuta all’interessamento del colon, si può associare una sintomatologia generale con febbre, tachicardia, perdita di peso, alterazioni ematologiche. Si può capire come tali disturbi, a lungo andare, possono creare un quadro particolarmente grave ed innescare delle complicanze che mettono a rischio la vita del paziente.

  • DIAGNOSI

    Generalmente la diagnosi di colite ulcerosa è semplice. I sintomi  sono di facile evidenziazione e la conferma si ottiene rapidamente con l’endoscopia. L’esame principe,  quindi, è rappresentato dalla rettosigmoidoscopia e/o colonscopia che permettono di vedere direttamente le alterazioni macroscopiche:  perdita del normale disegno vascolare (in condizioni normali la mucosa appare rosea, soffice ed è possibile apprezzare il suo reticolo vascolare sottomucoso), iperemia della mucosa, fragilità con facile sanguinamento al contatto, ulcere superficiali (erosioni più o meno estese della mucosa), punti giallastri da ascessi criptici, peudopolipi determinati da aree di mucosa residua tra le ulcere.

  • TERAPIA

    Inizialmente medica con farmaci a base di 5ASA (acido 5aminosalicilico) per bocca e topici, locali, dato l’interessamento sempre presente della mucosa dell’ampolla rettale e cortisonici anche questi per via locale, per bocca o per via generale. Nelle forme gravi e complicate si può arrivare all’intervento chirurgico.

  • DESCRIZIONE

    Malattia infiammatoria cronica ad etiologia sconosciuta che può interessare qualsiasi porzione del tratto gastrointestinale (dalla bocca all’ano), ma soprattutto il colon, la regione ano-rettale e, in particolare, l’ileo terminale (detta pertanto anche ileite terminale). E’ più colpita la razza bianca con una incidenza di 5-6:100.000 abitanti; maschi e femmine in ugual misura, l’età colpita è soprattutto 15-35aa ma tutte le età possono essere interessate. La sede d’ interessamento è: ileo nel 30% (soprattutto ileo terminale), ileo-colica nel 40% (in particolare colon destro), colica nel 30-35%, molto raro l’interessamento dell’esofago, stomaco, duodeno e tenue prossimale; frequentemente invece è colpita la regione ano-rettale: 8% isolatamente, 25% nelle ileiti, 70-80% nel Crohn del colon; il retto, nel Crohn del colon, è interessato nel 50%. Le cause della malattia sono sconosciute. Le caratteristiche della malattia sono: da un punto di vista topografico, la segmentarietà cioè a segmenti malati (10-25cm. di estensione) si alternano segmenti  sani, e, da un punto di vista anatomo-patologico, l’infiammazione transmurale (cioè le lesioni ulcerative interessano inizialmente la mucosa e sottomucosa ma hanno la capacità di approfondirsi interessando successivamente a tutto spessore la parete per poi venire a contatto con gli organi vicini), e la proliferazione connettivale che porta ad un ispessimento della parete.

  • SINTOMI PRINCIPALI

    I sintomi dipendono dallo stadio della malattia (classicamente si distingue una forma acuta, subacuta e cronica) e naturalmente dalla sede delle localizzazioni. Le localizzazioni intestinali sono le più frequenti e sono caratterizzate da dolore addominale di tipo intermittente, conseguente all’ipermotilità e alla distensione,e alla difficoltà di transito dell’ansa intestinale a monte della lesione. Nelle lesioni dell’ultima ansa ileale il dolore è localizzato alla fossa liaca destra e può simulare un’appendicopatia. Frequente è la diarrea  con feci acquose e non formate e il sanguinamento occulto che causa anemia. La diarrea, la perdita di elettroliti e la malnutrizione per insufficienti proteine e calorie possono produrre un calo ponderale e un grave ritardo della crescita. E’ spesso presente febbre. Raramente comunque il M. di Crohn inizia in forma acuta.  La forma subacuta è caratterizzata dal ripetersi di attacchi acuti più o meno analoghi a quelli dell’esordio della malattia ,quindi con dolore, febbre modesta, diarrea con sangue e muco. Nella forma cronica sono assenti praticamente i sintomi riferibili a fenomeni acuti. Per la proliferazione connettivale il segmento interessato dalla malattia diviene rigido, sclerotico e quindi assolutamente inerte ed è questa la fase delle complicanze (emorragie, perforazione, fistolizzazione con gli organi adiacenti). Un discorso a parte va riservato alla localizzazione ano-rettale con comparsa soprattutto di fistole perianali e/o perineali. La cute perianale colpita da M. di Crohn  e quella del canale anale distale perdono la tipica elasticità che viene sostituita da un ispessimento che si apprezza alla palpazione. Tipiche sono, in questa sede, le ulcerazioni sempre larghe, a bordi irregolari e sottominati. Parecchie ulcerazioni possono comunicare tra loro tramite ponti sottocutanei. A ogni modo il sintomo più caratteristico è rappresentato da un indolenzimento abituale che contrasta con la sindrome dolorosa acuta della ragade anale. Si possono avere ascessi e fistole anali , a volte con numerosi orifizi cutanei. Tali fistole si caratterizzano per una secrezione più o meno continua, con fasi alterne di ritenzione più o meno dolorosa e di evacuazione di pus. Comunque sia tale secrezione provoca segni di irritazione perianale e prurito.

  • DIAGNOSI

    L’endoscopia (colonscopia) in particolare, e l’esame radiologico dell’apparato digerente sono gli esami fondamentali per stabilire la diagnosi. Con la colonscopia, superando la valvola ileo-cecale, si può visualizzare gli ultimi cm. di ileo terminale e stabilire un suo interessamento. Si noteranno le ulcerazioni sempre profonde, longitudinali, parallele all’asse del colon con un caratteristico aspetto a ciottolato (per l’alternarsi di ulcere con aree edematose). Per la caratteristica della segmentarietà della malattia il passaggio del colon sano alle zone malate è sempre molto netto.

  • TERAPIA

    Medica: si basa su una alimentazione priva di scorie ma ipercalorica e ricca di vitamine e minerali; antidiarroci per la diarrea. Si useranno cortisonici per l’azione antiflogistica e farmaci a base di 5-ASA (acido 5-aminosalicilico).I farmaci immunosoppressivi sembrano inefficaci.

    Chirurgica: nelle complicanze o quando vi è una sintomatologia significativa con mancata risposta alla terapia medica.

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Il Dott.Cei offre i seguenti servizi:

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Dott. Andrea Cei

Medico Chirurgo, specialista in chirurgia generale, chirurgia dell'apparato digerente ed endoscopia digestiva, proctologia, esami endoscopici e disturbi del tratto intestinale.

Laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Pisa, 1977. Diploma Universitario di Colon-Proctologia presso l’Hopital Saint-Margerite di Marsiglia, 1991.

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